Acrilammide nella pizza napoletana? Non ci dovrebbe preoccupare!
Lo dice uno studio dell’università Federico II, appena pubblicato, ma siamo sicuri che non stiano facendo il gioco delle tre carte?
Si analizzano i livelli di acrillamide della pizza cotta in forno a legna a 400 ° e si conclude che il quantitativo non è preoccupante per la salute umana.
Vediamo un po quali carte hanno calato questi ricercatori, per arrivare a queste conclusioni.
Hanno comparato i livelli di acrilammide rilevati nella pizza, che sono davvero alti, 1700 microgrammi per chilo di peso secco con i livelli di acrilammide cancerogeni per i topi. Senza tener presente l’approccio del margine di esposizione.
Infatti, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare dice che quei livelli di acrilammide cancerogeni per gli animali non possono essere applicati tali e quali agli uomini. Ma vanno divisi per un fattore di 10.000 volte, perché gli uomini non sono omogenei come quegli animaletti chiusi nelle gabbiette per le ricerche scientifiche.
Gli uomini possono essere molto vulnerabili, possono essere bambini, possono essere malati, possono essere donne incinte. Gli uomini sono soggetti all’esposizione di tanti altri cancerogeni, quindi la quantità di acrilamide tossica cancerogena per un animale va diviso.
Per questo motivo si ha un margine di esposizione di 10.000 volte. La cosa più assurda è che in tutte le ricerche scientifiche sull’acrillamide viene utilizzato l’approccio del margine di esposizione e la stessa autorità europea per la sicurezza alimentare nel 2022 ha ribadito che questo approccio va applicato.
Tutte le altre ricerche della stessa università. Federico secondo sulla clamide, come per esempio quella sui biscotti per l’infanzia, la parola margine di esposizione appariva 17 volte nella ricerca, nella ricerca sulla pizza, non appare.
Mai in tutte le ricerche fatte dai ricercatori dell’Università di Napoli Federico II, sulla pizza non viene mai tenuto conto del margine di esposizione, così come altre ricerche che analizzano l’acrillamide nella pizza napoletana, ma non vengono svolte dall’università Federico II, magicamente seguendo i criteri rigorosamente scientifici, tengono conto di questo margine, forse toccare gli interessi della pizza napoletana dà fastidio a molte persone!?
Ecco, mi piacerebbe che prima che venissero pubblicati lavori scientifici di questo tipo, chi li revisiona, inforcasse bene gli occhialetti, facesse bene attenzione ai calcoli che si fanno, perché qui non possiamo fare il gioco delle tre carte con la salute della popolazione.
Chiara Manzi
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